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La recensione di Alessandro Orefice su Volti e libri di Letture condivise

‘Senza dolore’ – Laurana 2019 Ciro Pinto

‘Senza dolore’ – ultimo romanzo di Ciro Pinto già vincitore del premio ‘NebbiaGialla 2019’ per la sezione inediti – è un appassionante giallo & crime, intrigante e dal ritmo stringente. Ma non è solo questo. Inizia con la fotografia di due amanti nella Milano del novembre del 1948, Ludovico Colzi e Isa Lodi, Lei studentessa universitaria, lui in cerca di un lavoro; un tempo partigiani, oggi aspiranti ad una vita, pur precaria, ma felice. Il giorno 15 di quel mese Isa viene trovata nel suo appartamento sui Navigli, strangolata con un giubbotto celeste ricavato dalla stoffa di un paracadute. Così, sotto il comando di un commissario post-fascista (cosa che del resto riguarda la massima parte dell’apparato reazionario tenuto in vita dal partito egemone, cioè dalla DC) si apre l’indagine giudiziaria e la caccia al colpevole. ‘Senza dolore’ (il romanzo che come auspichiamo avrete presto tra le mani), appunto per via del contesto storico in cui trova ambiente la narrazione, non è solo un noir. Il passato del presente, la memoria che accompagna e scandisce il tempo di ciascuno e costringe a rifare i conti di ciascuno con la storia, è un tema ricorrente nei romanzi di Ciro Pinto. È nel presentarsi della memoria nel confronto con gli eventi che i fatti di un noir acquistano una valenza narrativa diversa, si colorano e riaccendono folgoranti intuizioni riflessive. Anche se solo accennata, la realtà appare quella di un preciso momento storico: siamo a pochi mesi di distanza dall’attentato fascista a Togliatti. Senza dolore si svolge in un tempo post-fascista dell’Italia, quello che non intende fare i conti con la rivoluzione tradita e, mentre la ricostruzione si svolge, è in corso la rimozione della verità contrastante con gli obiettivi avidi del potere, cancellando segni di speranza e redenzione. La narrazione di ‘Senza dolore’ riempie così lo spazio della speranza, insinuandosi come possibilità e intenzione di verità in controtendenza. Ha così corso una investigazione introspettiva, e non solo retrospettiva da parte di Ludovico Colzi – contemporaneamente deviata dai pregiudizi questurini – alla ricerca dei demoni che, per cupidigia e sete di potere, potrebbero essere la causa della morte di Isa. Lo scenario dell’immediato dopoguerra per Ludovico ed i suoi antichi compagni ritrovati, impegnati nell’investigazione, rianima le immagini della resistenza condotta in Val di Magra, si ricostruiscono i mesi camerateschi che ritornano come istanti da riesaminare perchè svelino verità sconosciute. L’investigazione introduce dubbi in antiche certezze, mette a fuoco la reticenza verso un ideale di libertà condiviso, introduce insospettabili domande sulle giovinezze spezzate nella resistenza al regime fascista. Per Ludovico, fare i conti con la memoria, a meno che non sia una semplice cosmesi di superficie a conferma di ricordi e souvenir rassicuranti, conduce a restituzioni ammaccate, a scoperte non sempre piacevoli. Nel match tra presente e passato c’è sempre il rischio di uno scarto del rendiconto rispetto all’immagine conservata e la sua scoperta dà luogo a nuovi enigmi. In ogni caso, costi quel che costi per i protagonisti di ‘Senza dolore – ci suggerisce Ciro Pinto? – è essenziale dimostrarsi, non solo capaci di trovare una risposta al significato dell’assassinio di Isa ma anche (è su questo clinamen che, all’incrocio del Ludovico di Ciro Pinto, ci viene in mente il Milton del Beppe Fenoglio di “Una questione privata”) all’altezza dell’enigma della verità che li riguarda, perché, come in ogni serio lavoro di investigazione, di cui tragedia e letterature grondano esempi, Ludovico sa che è solo così che la sua vita potrà essere “Senza dolore”.

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