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La recensione di Stefano Carnicell

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Per puro caso, ho letto “Gli occhiali di Sara”, di Ciro Pinto, nella settimana del Giorno della Memoria ed ho vissuto un particolare coinvolgimento emotivo. Questo romanzo ha vinto il Premio Nabokov, come inedito, nel 2014.

Enrico Fontana è in vacanza a Praga. E’ una delle tante villeggiature perché è un benestante e vive di rendita. Si diverte a frequentare casinò. Con lui c’è Rebecca di venticinque anni più giovane. Sta con Enrico per opportunità… la mantiene assicurandole la bella vita. Rebecca sogna di fare l’attrice. Altri due persone sono a Praga con loro: Mario, amico d’infanzia di Enrico, proprietario di una raffinata sartoria; Carlo, titolare di un’impresa di trasporti.

Enrico è il figlio di un gerarca fascista giustiziato, a Roma, dai partigiani. Sua madre, Agnese, al contrario, è stata una donna illuminata e aperta al bene. Educa i due figli e gestisce i beni di famiglia favorendo una vita estremamente agiata e priva di preoccupazioni. Il gruppo decide di visitare Auschwitz ed è qui che Enrico avrà un incontro che stravolgerà, per sempre, la sua esistenza. Viene avvicinato dall’anziana Elisheva Kundrova che parlerà di una strana storia. Ne resta turbato al punto di decidere di prolungare, in solitudine, la sua permanenza a Praga. Enrico vuole sapere, vuole conoscere la storia. E’ stata Judita, impiegata nell’albergo dove alloggia Enrico, a segnalare a sua zia Elisheva la presenza di un certo Signor Fontana.

Quella di Ciro Pinto è una scrittura fluida, scorrevole. Si leggono bene le sue pagine in quella che è una narrazione coinvolgente. La trama è bella ed interessante; un tuffo nella storia… per ricordare e per non dimenticare. Ci sono due piani storici che l’autore analizza: da una parte l’Olocausto con tutte le terribili sofferenze procurate alle tante persone perseguitate e brutalmente uccise, dall’altra c’è la caduta del muro di Berlino acclamata, voluta a gran voce da ogni angolo d’Europa. Il romanzo srotola i fatti con gradualità. Le verità emergono a piccoli passi attraverso i sofferti ricordi di Elisheva. Era figlia di un libraio e di un’insegnante di latino e greco; una famiglia ebrea, colta e benestante. Con le leggi razziali, fu deportata nei campi di concentramento. L’incontro con Enrico avviene ad Auschwitz, nel capanno degli occhiali, nel luogo in cui erano stati gettati quegli oggetti appartenuti a chi era destinato a morire. E lì c’erano anche gli occhiali di Sara.

Elisheva era stata dapprima a Terezin. Qui erano morte circa trentacinquemila persone e più del doppio erano state deportate ad Auschwitz. Molti erano morti già durante il viaggio; esseri umani ammassati, offesi nel fisico e nell’animo, trattati peggio delle bestie. Ciro Pinto dosa bene il suo racconto. Scopre la storia a piccole dosi. E’ molto abile in una narrazione profonda, forte, potente. Il lettore non può che essere coinvolto da tanta bellezza. Ci sono rilevanti risvolti emotivi. Il romanzo ispira grandi riflessioni: sulla storia, sulle sorti dell’uomo, sugli imperdonabili errori che hanno distrutto tante vite, negando la dignità e la stessa vita. Nella trama, sempre viva e brillante, aleggia una sorta di mistero, di giallo, tutto da scoprire. Chi è Enrico Fontana? Quel è il suo legame con Sara?

Elisheva, non senza fatica, prosegue il racconto della sua triste storia e di quella di Sara. Enrico assorbe ogni parola, ogni emozione trasmessa dall’anziana signora. Nella modesta casa dove si reca, c’è anche Judita. Tra i due inizia una bella frequentazione. Enrico vorrebbe far finalmente “vivere” Judita; vorrebbe mostrarle che la vita è molto più bella di tutte le volte in cui mostra il suo volto terribile.

Il romanzo corre lungo un senso di verità. Enrico ascolta i terribili racconti. Non ci sono gioie, sorrisi. C’è solo tanta sofferenza, unita alla perdita della dignità, agli orrori, all’inedia dei muselmann. Tra tanta abiezione, in un inferno ormai conclamato, il giovane Jozep, ebreo polacco, cercava una speranza di sogni e di vita… la dolcezza di una carezza, rubata prima di morire per un’atroce vivisezione.

Elisheva aveva conosciuto Sara ad Auschwitz ed erano diventate inseparabili. Sara, chiunque fosse per Enrico, gli era penetrata nelle viscere. Aveva subito anche l’assurda violenza di un soldato tedesco pur di salvare Elisheva… i suoi seni immolati insieme ai sogni di ragazza.

Alla fine Enrico capisce, conoscerà la verità mentre il mistero si dipana. Si carica sulle spalle un’eredità così pesante da mettere in discussione la sua vita fino a quel momento vacua e priva di veri significati. Troverà delle lettere nella villa di Terracina, dove ogni racconto di Elisheva trova conferma in una verità sempre taciuta.

Il romanzo di Ciro Pinto è così intenso da proporre, in ogni pagina, attimi emotivi decisamente forti. L’autore entra nel dramma dell’Olocausto. Lo fa con delicatezza, rispetto, amore. Al centro di tutta la narrazione ci sono le Donne e le loro storie. Sono Donne forti, nonostante le offese; costrette a vivere a contatto con la morte. Sono Donne “Madonne” (come direbbe un caro amico), Madri dagli occhi enormi, eterni e luminosi, aperti sempre verso la luce della speranza.

Ciro Pinto nasce a Napoli nel 1953. Per anni è stato un manager nel settore finanziario. Per lavoro ha viaggiato molto. Nel 2011 termina la sua esperienza lavorativa e si dedica alla scrittura. Oggi vive a Napoli. Nel 2012 pubblica il suo primo romanzo Il problema di Ivana. Nel 2014 ha pubblicato L’uomo che correva vicino al mare. Successivamente ha pubblicato Di fossato in fossato (silloge poetica) e altri romanzi: Subway, Il passero e l’imperatore, La casa di Posillipo e Senza dolore. E’ anche autore di racconti e poesie pubblicati in diverse antologie relative ad alcuni concorsi letterari. Con Gli occhiali di Sara, pubblicato nel 2015, ha vinto il premio Nabokov 2014 nella sezione “Narrativa inedita”.

Titolo: Gli occhiali di Sara

Autore: Ciro Pinto

Editore: Tralerighe Libri

Pubblicazione: 2015

Pag.: 191

Costo: euro 14,00

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