Ho letto L’uomo che correva vicino al mare, Edizioni Psiconline con voracità, per quanto mi sia possibile da tutto quanto i giorni mi presentano. Voracità vuol dire che in 2/3 giorni me lo sono gustato. Il tuo libro stimola la curiosità. Quasi da thriller psicologico: si vuole capire come si dipana questo intreccio. E sorgono continuamente dubbi: chi è il vero protagonista del romanzo? Giorgio, la madre, Eva, Paola, la “strana forza” dell’autismo? La forza della disperazione, della prova di dimostrazione di Monica ?
Il tutto non si scioglie in una soluzione. Si riafferma la vita in ogni sua sfaccettatura, in un suo tempo che non è quello biologico, ma psichico: il bisnonno Umberto in Filippo, la “summa” psicologica di forza oltreumana dell’universo femminile (Elena, Eva, Paola); e Giorgio che intuisce tutto questo ma non riesce ad appropriarsene. Lo sente, lo fa apparire nella sua testa con immagini più o meno vere, ma non riesce a farne sua la potenza e ne viene sopraffatto: non ce la fa a gettarsi dentro, bloccato dal suo muro cartesiano.
Sulla scrittura : tanti lampi, come vuoti e flash mnemonici; forse troppi e a volte estremamente flashati. Rispecchiano la caratterizzazione della malattia di Giorgio, ma troppo lunghi per essere subliminali, troppo corti per coinvolgere.
Ti ho scritto di getto queste considerazioni, magari ripensandoci, rileggendo brani del romanzo verrebbero fuori diversamente; ho preferito buttarle giù così per mantenere tutta la franchezza; come, d’altra parte, è l’amicizia che ho per te.
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