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Dedicato a Sara

A seguito del tragico evento che ha colpito una delle fondatrici del progetto ArteMuse, i componeni dell’ intera squadra di David and Matthaus, i Professionisti e gli Autori tutti, hanno deciso di partecipare attivamente al suo dolore attraverso un’ importante iniziativa: un evento letterario in onore della piccola Sara, scomparsa il 4 maggio 2013 a un solo mese dalla nascita, e di tutti gli angeli che sono passati sulla Terra.

Un mieo piccolo contributo: un racconto, selezionato e pubblicato nell’Antologia Qui dove camminano gli angeli.

Angelo

Ricordo che era un giorno tranquillo, uno di quei giorni dove ogni cosa assume contorni sfumati e persino gli spigoli sembrano addolcirsi.
Mi perdevo in pensieri vaghi e seguivo i vapori tenui che dall’erba del giardino s’innalzavano lenti fino a farsi sfibrare dalla carezza dei primi raggi di un sole tiepido e inaspettato, in quel lento sfumare d’autunno nell’inverno ormai alle porte.
Dal punto in cui m’ero messo a sedere potevo osservare i declivi lenti e docili toccare la valle che sotto di me si allargava quasi fino all’orizzonte, potevo contare i pioppi ordinati e silenziosi che spuntavano lungo tutto un lato, proprio a riva di un ruscello vispo e generoso.
Ero solo,  con i miei pensieri e con la desolante percezione della mia sofferenza.
Non fremevo più, la costante e silente coscienza della mia situazione era ormai l’unica dimensione che ero riuscito a creare, come un alveolo protettivo, una sorta di gabbia dove potevo crogiolarmi e rifuggire ogni tentativo di riprendere a vivere.
Quanto tempo era passato? Quante mattine a fissare quella valle, a contare quei pioppi?
Non avrei saputo dirlo o semplicemente non m’interessava saperlo.
Seguivo il volo radente del falco quasi fino a sfiorare i declivi, quasi a cozzarci, per poi librarsi improvviso e splendido in un’impennata soave che mi faceva  sognare di emularlo, mi faceva sperare d’innalzarmi dal giaciglio ormai sfatto della mia aberrazione.
E come sempre quel sogno, quel semplice e timido anelito, svaniva nella triste memoria di quello che era stato.
L’avevo persa un mattino d’estate, questo sì, lo ricordavo nitidamente. Un mattino dove l’aria invadeva le cose e  la luce le trasformava donando riflessi e ombre che parevano plagiarle fino a tramutarle… (continua)

Ciro Pinto

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