Dall’Estetica all’Estetismo.
Spunti di riflessione.
Beh, passare dall’idea sacra che Platone aveva della Bellezza e più in generale dai suoi principi sull’Estetica alle nevrosi e alle schizofrenie degli estetici d’inizio secolo scorso il passo non è proprio breve!
Platone vedeva l’estetica come l’attività intesa a raffigurare l’idea del bello, categoria assoluta, preesistente alla percezione dell’uomo stesso. Come la verità è ovviamente preesistente alla scienza stessa, che ha il solo compito di svelarla. Insomma il Bello come categoria universale ed eterna.
Già Aristotele, però, affermava che in fondo l’estetica è la materializzazione dell’idea nella soggettività di chi la estrinseca.
Insomma l’opera d’arte tende al bello, è espressione dell’idea di un singolo, mai l’espressione assoluta del Bello.
Il rapporto tra soggetto che percepisce e oggetto percepito è del tutto singolare, il Bello appare ad ognuno nel modo che gli è congeniale e non può prescindere dal tempo e dallo spazio, diceva alcuni secoli dopo Diderot. Insomma classica teoria illuminista, che nega ogni retaggio idealista: facile deduzione che è bello ciò che piace e non esiste concetto universale di Bellezza, semmai un mero dato statistico che ne caratterizzi il livello di gradimento. In parole povere si può dire bello ciò che piace a più persone.
E fin qui…
Ma il decadentismo e l’estetismo che hanno attinto da Niestche a D’annunzio, fino a Wilde… quasi a divenire la schizofrenica espressione di un atteggiamento asociale e megalomane?
Che nesso hanno con l’idea estetica i tableaux-vivant nella Grotta di Matermania ideati e così amati da Jaques d’Adelswärd-Fersen, decadentista estetico, poeta e scrittore di non molto valore?
Non so… è un tema tutto da approfondire. La cosa che mi attira è l’aria di trasgressione e quasi sovversiva degli estetici agli albori del Novecento!