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12219545_10206859318514181_614776888969915070_nGli Indifferenti

Un mare di lettere, il festival letterario di Civitavecchia, una delle 65 Città del libro in Italia -organizzato da Tra le righe libri, dal suo titolare, Andrea Giannasi, da Piero Pacchiarotti, con il patrocinio del Comune di Civitavecchia- quest’anno ha come tema Gesti di Resistenza quotidiana.
L’obiettivo da raggiungere, specie tra i giovani –quattro le presentazioni di libri negli istituti scolastici della città-, è smuovere l’indifferenza. Fare in modo che ognuno si schieri, che alzi il dito.
Bè, un obiettivo impegnativo, soprattutto in questo inizio del terzo millennio, così tragicamente segnato da vicende umane (migranti), crisi economica, eversioni vestite di ideologie religiose, femminicidi, rigurgiti razzisti, etc. etc., e così drammaticamente fatuo tra beauty cult, social network, tra meticci elettronici e fashion symbol.

Tra le ideologie che hanno fallito nel secolo scorso, mi piace ricordare quella comunista, parlo della teoria marxista. Marx aveva elaborato una dottrina che aveva come incipit gli stessi del Vangelo: uguaglianza, libertà, comunione e condivisione internazionale. Di sicuro una gran bella ideologia, vistosamente travisata  e deformata da chi ha voluta metterla in pratica. Ma, per continuare l’assioma con la religione, il povero Karl non aveva previsto, nel suo Des Kapital, che il demonio si traveste, si mimetizza, assumendo mille forme. E così siamo passati dal Colonialismo all’Imperialismo, dalle Holding Internazionali al Potere della Finanza, alla Borsa con le sue bolle, dall’espansione industriale a quella del terziario, dal consumismo al feticismo. E quindi, della sua dottrina, non si è mai potuto applicare la soluzione finale: il mondo autogestito da tutti, con il Partito/Stato come mero erogatore di servizi.

E ora ci ritroviamo il mondo che abbiamo. Un mondo dove la gente continua a fare il bagno accanto ai cadaveri di migranti arenati con i loro sogni sulle nostre spiagge. Un mondo dove si fa zapping alla prima new che può turbare, e magari si seguono in maniera ossessivo/compulsiva gli show crime in tv.

Mi piace ricordare il pensiero di Blaise Pascal, ben quattro secoli fa; nel suo Pensées: Coloro stessi che sono trepidi nelle faccende più effimere sono del tutto incuranti ed indifferenti nei confronti di problemi ben più importanti. E quel medesimo uomo che passa tanti giorni e tante notti nella rabbia e nella disperazione per la perdita di una carica, o per qualche immaginaria offesa al suo onore, è ancora quello che sa di dover perdere con la morte ogni cosa senza inquietarsene e senza commuoversi. Mostruoso vedere nel medesimo cuore e nel medesimo tempo tanta sensibilità per le minime cose e una così strana insensibilità e perfetta indifferenza per le cose più grandi.

Anche Moravia affronta l’argomento nel suo romanzo di esordio, nel 1929: Gli indifferenti, appunto, da cui fu tratto l’omonimo film nel 1964. I personaggi dell’opera, che rappresentano il dramma di una intera generazione, sono tutti inetti, incapaci di accostarsi alla vita e di provare sincere passioni e molto vicini ai personaggi sveviani e pirandelliani. Come dice il titolo, sono proprio indifferenti nei confronti della vita e di tutte le emozioni che hanno.

Dopo il ’68, negli anni ruggenti della partecipazione politica e sociale dei giovani fino al culmine del ’77, anno simbolo delle terribili azioni terroristiche di quel decennio, fu coniato il termine di qualunquismo per indicare tutti coloro che non condividevano un’ideologia, di sinistra o di destra.

Oggi, agli inizi degli anni 2000, siamo ancora nel guado, con in più la colpa di aver vissuto altri anni senza aver imparato dalla Storia.
Continuano ancora a esserci tantissime vittime, come Sara, nel mio romanzo Gli occhiali di Sara.  Vittime ignare, innocenti che patiscono le tragedie della guerra, delle sopraffazioni, la violenza dei soprusi. Vittime di idee distorte dalle ideologie, di poteri che non hanno rispetto dell’Umanità. Vittime anche di tutti noi che non ci siamo schierati.
Se Carlo Pisacane scieglie di agire, e va a morire nel Cilento, se Giaime Pintor, a 24 anni, alza il dito e si schiera, e va a morire, se Jan Palach si mette davanti ai carri armati dell’oppressore, e  va a morire, dandosi fuoco, allora noi, che siamo loro figli, gli dobbiamo il sacro impegno di Alzare il dito!

Tutto questo è quello che abbiamo cercato di portare nelle scuole, è bastato scuoterli e i ragazzi hanno testimoniato tutta la loro partecipazione.

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