Un dono speciale: la recensione di un grande lettore e uomo di cultura, qual è Alessandro Claudio Orefice, su IBS.
Grazie, Alessandro. Il tuo giudizio mi sprona a continuare a scrivere, a dare un senso alla mia passione, nonostante questa estate buia e terribile che stiamo vivendo tutti.
In questo bel romanzo prende corpo la nostra metropolitana cittadina, quella oltre il tornello di accesso che ci conduce a un mondo infero di ombre umane, la cui esistenza si svolge dentro alle viscere, artificialmente illuminate, di tunnel e banchine di attesa, dove si svolgono storie di cui noi lettori, invece che semplici ed annoiati viaggiatori in transito, diveniamo appassionati testimoni.
La scena ci è famigliare: una toponomastica di meandri, di incroci e di acronimi, luogo di pittogrammi in cui ci sotterriamo temporaneamente. Enigmatici percorsi di sopravvivenza per chi sia nuovo, ma che alla fine conducono vecchi e neofiti al proprio binario in direzione “meta”, infine alla luce del giorno. Certo è che, prima della lettura di Subway, noi “fruitori di MM” si stava pazienti e basta, affrontando il reticolo di snodi e budelli per necessità, considerando la banchina ed i bagni sotterranei non certo come luoghi dati in Sorte su cui scommettere per vivere.
Invece, chi abbia a leggere Subway, avrà una straordinaria opportunità di riflettere sulla Sorte del proprio presente, quando accada di incrociare gli inferi, non sappia sottrarsi alle voci delle sirene della rinuncia, sia travolto dalla violenza oppure, per inerzia, si adatti all’ordine delle cose, consegnando in un modo o nell’altro la sua Sorte, come fosse destino, alle Moire.
Letto Subway, ognuno cambierà in qualcosa: alla prossima attesa del suo convoglio, presterà certo uno sguardo intorno a sé per vedere se, celato da qualche parte della banchina, non scorga spuntare un soggetto che somigli per modi, abiti e ritualità ad Omero o forse a Coriandolo, alla sfortunata Stella, o a qualche altro personaggio della ricca galleria che dipinge di giallo il romanzo dei Nostri autori, così da svelarci qualche particolare insolito che ci dica di altri come loro. Uno ed ancora un altro di quei tanti anonimi Titani che l’inconscio sotterraneo sputi fuori, a segno di un mito mai esaurito che, all’occorrenza, sia richiamato dalle tenebre, che riveli il passato secretato di ognuno, i conti irrisolti ed i traumi annichiliti nel silenzio, improvvisamente destatisi a prendere possesso dell’esistenza, figure mitologiche come noi, insomma: con il vantaggio per il lettore di Subway di aver già fatto conoscenza di un tempo Omerico che, abbagliato dalla vista che osserva ciò che non deve, con la cecità che consegue, acquisisce la conoscenza che offre il buio.
I due autori di Subway ci conducono qua-giù, coinvolgendoci in un concentrato di eventi che nel giro di qualche giorno nel romanzo vengono al pettine, districando storie sotterranee a cui viene dato un senso e voce grazie al mercuriale terreno Alberigo che “voleva sensibilizzare l’opinione pubblica”, pro-meteo umano in lotta per riportare logica e conoscenza sopra all’infero dissotterrando, nonostante Zeus geloso e violento osteggi la verità, le carte archiviate, le prove e, con loro, i protagonisti.
Metafore tutte di un ben altro sottoterra, consumato in superficie, complice la solita inerzia corruttiva e la ben nota menzogna funzionaria tecno-amministrativa dell’urbe.
La poesia fa luce all’ingresso delle diverse partiture del romanzo e parla il linguaggio che incanta la violenza, consente al lettore il transito alla città dolente del religioso e disfatto, e permette di far nostre storie infràntesi ad un attimo di cambio di passo, che conduca ognuno di noi oltre la Sorte a cui si appartiene. Subway è sotto quel margine che preclude ed emargina, per sempre iscrive all’anagrafe che Persefone inferiore custodisce per ombre che non smettono di desiderare e, che grazie a persone, come Silvia ed Alberigo, che lavorano con psiche ed intuito, possono tornare a lottare per desiderare.
Alessandro Claudio Orefice