Intervista a Ciro Pinto, autore de Il passero e l’Imperatore (Tra le righe libri, collana noir Nero).

Come nasce il romanzo: Il passero e l’Imperatore?

Il mio ultimo romanzo nasce da un percorso lungo e tortuoso. Circa tre anni fa, fui ospite a casa di un’amica nella sua villa di famiglia a Capri. Mia moglie ed io restammo colpiti dalla bellezza e dalla storia di questa villa, che prima di essere acquistata dalla famiglia della nostra amica negli anni cinquanta, era appartenuta alle sorelle americane Walcott-Perry che ne fecero uno dei salotti più frequentati dai personaggi illustri nella Capri degli inizi del ‘900, come Axel Munthe, Friedrich Alfred Krupp, Jacques Fersen, Oscar Wilde, Compton Mackenzie. -Nella finzione del romanzo la villa è stata trasformata in un residence e ha ovviamente un nome diverso-.

Il fascino dell’isola di Capri e della villa e la mia curiosità mi spinsero alle letture de L’esule di Capri, di Roger Peyrefitte, che narra la storia di Jacques Fersen e della sua Villa Lysis, e de Le vestali del fuoco, di Compton Mackenzie, dove è narrata la vita mondana nei primi anni del secolo scorso a Capri e in particolare della villa in questione. In questi romanzi si evince come in ogni cosa ci sia l’impronta della bellezza, e allora condii il tutto con ripetute escursioni nei classici come Platone e Aristotele approfittando del bellissimo saggio di Umberto Eco: La storia della Bellezza.

Nacque così l’idea di narrare una vicenda ambientata in quella villa che in qualche modo trattasse del concetto di Bellezza. Un’impresa difficile e vasta, visto l’argomento. Iniziai a sentire che rischiava di diventare un romanzo dallo stile patinato e dal contenuto un po’ in bilico tra il decorativo e il retorico. Poi, d’improvviso, presi una direzione diversa. Spulciando i classici m’imbattei in Tacito e Svetonio. Nelle loro opere, rispettivamente Annales e Vita dei Cesari, si parla di Tiberio e dei suoi anni capresi. Della sua crudeltà in quegli anni, pur essendo stato sempre un imperatore equilibrato e in qualche caso umile. La querelle se fossero tutte maldicenze messe in giro a Roma per rovinarne la reputazione e preparare il terreno al suo successore o se davvero fosse stato così crudele mi aprì finalmente la strada per la stesura del mio romanzo.

 

Dunque il tema del romanzo è la vicenda di Tiberio?

No, questo tema è soltanto tratteggiato, ma è servito per parlare soprattutto di ammirazione, desiderio, possesso e dominio. Partendo da un presupposto che è stato il mio ingaggio: Tiberio davanti alla bellezza dell’isola ha perso il suo abituale equilibrio ed è caduto negli eccessi in una sorta di delirio di onnipotenza, ho voluto parlare dell’altra faccia di Venere, cioè del lato oscuro della Bellezza. Di come possa scatenare istinti e pulsioni perversi. Ho voluto scrivere di come si possa passare dai sentimenti legittimi che la Bellezza può suscitare, come ammirazione e desiderio, alla smania del possesso fino al delirio del dominio.
In realtà si tratta di una storia moderna e attuale, ambientata nella Capri dei nostri giorni.

 

Ma chi sono i personaggi e di cosa tratta la storia?

La storia è incentrata sulla vacanza sull’isola di quattro persone che prenotano gli appartamenti di Villa Moresca per l’ultima settimana di Giugno. I quattro ospiti della villa arrivano nella giornata di sabato, non si conoscono.

Clara è un’arredatrice milanese, è una donna di rara bellezza, di trentatré anni. È angosciata dai ricordi e dai rimorsi per quello che è accaduto durante il soggiorno di due anni prima, quando è venuta a Capri insieme a Davide, un vedovo cinquantenne di cui si era innamorata e con il quale aveva occupato l’appartamento C.

Brian è un professore americano. È un quarantenne, divorziato. Appassionato di Storia e Letteratura, parla molto bene l’italiano. Vive un po’ fuori dalla realtà, concentrato sulle sue letture e sulle sue ricerche storiche. È venuto sull’isola attratto dalla sua bellezza, e con l’intento di approfondire una tematica storica che lo sta appassionando negli ultimi tempi: se davvero l’Imperatore Tiberio sia stato così crudele negli ultimi anni della sua vita trascorsi a Capri.

Paolo è un giovane cadetto dell’Accademia Navale di Livorno, ha ventidue anni, orfano di entrambi i genitori. Benché non sia mai stato a Capri e nella villa, è anche lui legato all’appartamento C e lo prenota per quel soggiorno con un obiettivo preciso.

Giulia è una giovane napoletana, irrequieta e instabile. Ha abbandonato la madre e gli studi per seguire il suo spirito ribelle. Ha vissuto l’ultimo anno in Irlanda, insieme a Irwin, di cui sembrava innamorata. Ma lo ha lasciato ed è tornata a Napoli per andare direttamente a Capri dove trascorrerà quella settimana per riflettere su se stessa.

La trama si svolge seguendo i giorni della settimana e la vita dei quattro sull’isola, e ha sullo sfondo il mistero dell’appartamento C. Dai rapporti che s’instaureranno tra i protagonisti, dai loro pensieri, dalle riflessioni e dai dialoghi si delineerà la storia di ognuno e s’intuiranno le connessioni tra alcuni di loro.

Si arriverà al giorno topico, il venerdì, che svelerà tutte le verità, fino ad allora soltanto sussurrate o accennate. E, infine, l’ultima, sconcertante verità darà un senso a tutta la trama.

 

Oltre alla Bellezza, c’è il riferimento a qualche altro concetto universale?

Sì. Il Rispetto. Per diverse ragioni e da diverse angolazioni, tutti e quattro i protagonisti arriveranno alla conclusione che la Bellezza e, più in generale, i rapporti tra le persone, non possono prescindere dalla condivisione e dal Rispetto.

 

Perché un noir?

Bè, un noir per un duplice aspetto. Il primo: tecnicamente nel romanzo non c’è un investigatore. I protagonisti sono vittime o esecutori. C’è in loro l’elemento autodistruttivo che caratterizza il noir. Insomma gli ingredienti sembrano corrispondere al genere.

Il secondo: nel genere noir tutto ciò che appare all’inizio muta man mano, le luci si trasmutano, le sembianze si offuscano e via via le immagini e le persone assumono vesti sempre più diverse dalle apparenze. Trattando della mutazione di quegli istinti di cui scrivevo prima mi è sembrato che il processo corrisponda appieno.

Infine, anche se non si tratta di un noir metropolitano, anche ne Il passero e l’Imperatore l’ambientazione vive e partecipa come protagonista della storia. Non è una città, ma l’isola.

 

Tra le righe libri ha una Vision ormai chiara a tutti: i libri come pietre d’angolo. In che modo lo è il suo?

Conoscendo la coerenza e lo spessore culturale dell’Editore, posso soltanto dire che se ha ritenuto di aprire una collana noir, denominata Nero, vuol dire che ha intravisto in questa narrativa di genere spunti e riflessioni in linea con il suo catalogo, indirizzato più a raccontare la Storia. Penso che il dramma, la sofferenza e la tendenza autodistruttiva del genere noir siano pietre d’angolo dell’Umanità. Andando nello specifico del mio romanzo, suppongo che i temi trattati e la loro universalità lo abbiano invogliato alla pubblicazione.