La mia breve riflessione su Le Pentite
Quanti semi l’Autrice, FGM, ha posto sotto una terra apparentemente arida e brulla con la paziente cura, che soltanto una donna ha nel suo corredo genetico, per provare a farli germogliare contro ogni ragionevole previsione. Perché come ella stessa ama ripetere -così ha riferito durante una presentazione alla quale ho assistito- in ogni anfratto buio, in ogni spigolo malefico si può intravedere una goccia di luce.
Le pentite, edito da Les Flâneurs Edizioni, uscito qualche mese fa, è un intreccio tra presente, passato recente e remoto che gira intorno alle donne, al male che subiscono, al loro essere vittime inconsapevoli di un pregiudizio di genere, perché come dice la Maraini in un’intervista in merito al suo L’amore rubato di una decina d’anni fa: “… non si tratta di una violenza fatta dagli uomini sulle donne, bensì di una cultura sull’altra…”
Non sto qui a raccontarvi la trama, in genere non lo faccio mai quando parlo di un libro per non profanare il diritto del lettore a iniziare il suo viaggio scevro da ogni informazione. Posso solo stigmatizzare che la narrazione è ambientata a Napoli, che bascula tra il 1700, il secolo scorso e questi ultimi anni. Ma il tratto di universalità dell’opera dilata il tempo e poi lo restringe fino a comprimerlo in un dato reale e immanente.
Aggiungo soltanto una chiosa. Chi sono le pentite? Le donne internate negli Incurabili tre secoli fa per essere state prostitute, deviate, eccetera eccetera, ma forse anche quelle donne d’oggi che si pentono di una colpa che non hanno, che rimpiangono quell’eroico gesto di ribellione mai compiuto.
Ne Le pentite c’è l’amore in tutte le sue forme, ingannevoli, malefiche, ma anche salvifiche, pure e intonse come dovevano essere le prime forme di vita sul pianeta. C’è la natura, le piante, con la loro immobilità apparente che pure sa muovere e indicare la strada.
Una nota in chiusura. I caratteri poetici della cifra stilistica di FGM sono un balsamo per lenire il senso di oppressione e di opacità che proviene da una storia a tratti sordida di violenze e soprusi. Una sorta di kit di sopravvivenza per non soccombere.
Lettura consigliata, e non soltanto alle donne, come ho letto in alcuni commenti all’opera, ma soprattutto agli uomini.