La casa di Posillipo, una saga partenopea lunga cent’anni
E’ una saga familiare quella che Ciro Pinto racconta nel suo ultimo romanzo La casa di Posillipo e che ha appena visto la luce per l’editore Tralerighe Libri.
La saga, termine di origine islandese che significa proprio “narrare”, racconta la storia di quattro generazioni di uomini: i Costabile. Prende il via negli anni Venti in un’Italia che ancora si stava leccando le ferite dalla Grande guerra e, attraverso il Novecento, ci porta fino ai giorni nostri passando in mezzo allo scempio della seconda guerra mondiale, poi dalla resistenza alla ricostruzione, dal boom economico alla crisi globale che ci ha colpiti nei primi anni del nuovo secolo e che ancora si trascina.
La casa di Posillipo non è una casa senza sogni
Il palcoscenico del romanzo è Napoli. Amedeo, trentenne lanciato nella carriera finanziaria a Londra, torna nella città in cui è nato dopo essersene andato dieci anni prima. Un rientro dettato dalla morte del padre e dall’esigenza di vendere la casa di famiglia costruita dal bisnonno Armando sulla collina di Posillipo.
Una casa liberty, color tortora con la cancellata in ferro battuto e le finestre affacciate sul giardino dove una quercia, piantata in origine, accompagna negli anni la vita della famiglia. E’ proprio questa casa a raccogliere le memorie non solo della famiglia, ma quelle di un intero secolo, di una città e della sua storia. E’ lei il fulcro intorno al quale l’autore fa ruotare tutta la storia.
La cosiddetta casa della Pace, come volle chiamarla il capostipite, rappresenta una sorta di magnete che attira, seppure in misura diversa, tutti i personaggi del romanzo, tenendoli legati a sé di generazione in generazione. Del resto, per Ciro Pinto la casa è molto più di un rifugio, ma rispecchia esattamente le parole della citazione del poeta Kahil Gibran con cui si apre il romanzo: “La casa è il vostro corpo più grande. Vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte; e non è senza sogni”.
Rinunciare alla casa di Posillipo è come recidere le proprie radici
Tocca al giovane Amedeo, ultimo erede della famiglia, la decisione di recidere per sempre il cordone ombelicale con il passato scegliendo di vendere la casa, decisione che sembra già presa ma che in realtà diventa motivo di riflessioni intense, dove rabbia e rimpianto si alternano alla nostalgia e alla voglia di tornare alle proprie radici.
Armando Costabile, avvocato e padre di Amedeo, nell’arco della vita ha cercato in ogni modo di chiarire una serie di dubbi su alcune vicende familiari poco chiare. Lascia così al figlio una nutrita raccolta di appunti, una sorta di diario grazie al quale Amedeo si farà un’idea di tutte le generazioni che lo hanno preceduto e del rapporto stretto con la città e con la storia.
Fino alla fine del romanzo il giovane si dibatte tra la spinta ad abbandonare per sempre l’Italia per inseguire una sicurezza economica e affettiva all’estero e l’ipotesi di reinventarsi da zero, insieme alla compagna, un’inglesina di nome Daryl, ripartendo proprio dalla casa di Posillipo. Ipotesi che, a quanto dice, non rientra nel suo life plan.
La casa di Posillipo non sarebbe la stessa senza Napoli
La coscienza di appartenere a un luogo come Napoli è prepotente nel romanzo di Pinto e non potrebbe essere diversamente dal momento che l’autore è una voce partenopea lirica e del tutto contemporanea, fortunatamente lontana da facili schemi neomelodici, una voce che denuncia senza piangersi addosso, la voce della memoria appena velata dalla nostalgia, ma capace di riconoscere anche ciò che di straordinario offrono Napoli e la sua gente.
C’è l’odore dei vicoli di Napoli, della salsedine, il vociare sempre sopra le righe, il caos, o meglio l’ammuina della città, il suo respiro concitato che si calma soltanto nella contemplazione dell’azzurro del cielo e del mare. Si sente che, nonostante tutto, Pinto ama Napoli e che il suo è un amore corrisposto.
La casa di Posillipo è anche un documento storico
Un romanzo intenso, a tratti commovente che ti riempie di emozioni, capace di farti vivere attraverso i sensi anche le atmosfere più distanti nel tempo. La borghesia partenopea a passeggio per le piazze, la miseria dei “fondi” nei vicoli maleodoranti, la contrapposizione tra chi nasce fortunato e chi no quasi azzerate dalla ferocia della guerra e dalla morte che colpisce tutti indistintamente.
La vitalità pulsante, la cura nella ricerca dei dettagli storici e delle ambientazioni, le vicende dei protagonisti che si intrecciano con quelle della storia e si trasformano di generazione in generazione senza mai tradire lo spirito familiare, fanno de La casa di Posillipo un libro da non perdere. Non è soltanto la storia dei Costabile, ma anche il racconto dei cambiamenti politici, delle tensioni sociali, delle paure ataviche, del cammino verso l’affermazione sociale dei protagonisti, dell’indipendenza economica, del mutare delle tradizioni e della cultura del nostro Paese.
Non sempre un libro va letto “tutto d’un fiato”
La casa di Posillipo, a parer mio, è uno di questi. Deve essere gustato con calma per poter scoprire a fondo i suoi protagonisti, centellinare i tratti del loro carattere, così diversi nonostante la familiarità, le fragilità, i lati più autentici della personalità.
Calma necessaria a dare a noi lettori il tempo di immedesimarci, generazione dopo generazione, nell’aria del tempo, calarci in una storia in continuo divenire. E prendiamocelo questo tempo! Perché se Napoli è frenesia è anche la madre di quel vivere lento che distingue la civiltà dalla barbarie.
TITOLO: La casa di Posillipo
EDITORE: Tralerighelibri
PAGG. 338; € 15,00; € 4,99 e-book