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Il caffè che non abbiamo bevuto

2013 - CopiaIl caffè che non abbiamo bevuto  finalista al XII Concorso Nazionale Letterario Caffè Moak, 2013
(La foto è dell’istant book, in attesa dell’Antologia che viene pubblicata ad ottobre 2014.)

Il racconto è inedito e fa parte del progetto editoriale Five, l’antologia dei miei racconti.

Con Il caffè che non abbiamo bevuto ho voluto tratteggiare la violenza come affermazione di principio e perciò ritenuta inevitabile, necessaria, in virtù di una deformata e fuorviante interpretazione dei comportamenti. Una mentalità atavica che ancora persiste in questo terzo millennio.

Ecco l’anteprima:

Il caffè che non abbiamo bevuto

Ci vogliamo vedere? Voglio prendere un caffè con te, quel caffè che non abbiamo bevuto, ti ricordi?
Tanino se lo ricordava, sì.
La stradina che scendeva in paese era sdrucciola per via dell’umidità che a quell’ora bagnava il manto di piperno. Col tempo i cubetti stentavano a rimanere incastrati a dovere, la pece che una volta li teneva ben stretti si era consumata.
«Dove andate a quest’ora, Tanino?» gli chiese Mimì lo spazzino, che se ne stava appoggiato a un muro a succhiare una cicca come fosse ossigeno.
«Faccio due passi, perché?»
«Solitamente non uscite mai così presto» gli fece l’altro.
«Vado a prendere un caffè al bar, ché a casa la miscela è finita.»
«Allora, buon caffè!»
«Stammi bene, Mimì.»
Le zagare profumavano già e il sole cominciava a scaldargli il viso, ma non ci fece caso. Era inquieto dalla sera precedente, dall’invito di Alfonso, che gli riecheggiava nella testa come una litania. Si era girato e rigirato nel letto, ma non era riuscito a dimenticarla né a prendere sonno.
La stradina portava alla piazza del paese, un paesino come tanti nel Cilento, abbarbicato sul fianco di una collina fino a scendere al mare, dove bagnava il suo lato basso con un lungomare arioso che costeggiava il porticciolo e arrivava fino alla chiesa con il campanile rosa.
Lì, l’ovale girava salendo di un centinaio di metri, per tracciare il suo lato alto che portava nell’interno, sotto il fianco della collina, tra casette coloniche e ville per poi ricadere a mare dalla parte opposta.
Dietro l’ovale, la sagoma del monte Bulgheria e le docili colline che lo circondavano, da una di quelle scendeva Tanino con tutti i suoi pensieri, per andare a bere quel caffè che l’amico reclamava.
Continua…

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