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Sara in Garfagnana al Festival Bioletterario Leggere Gustando

Barga, 12 Luglio 2015

Stamani, a Villa Gherardi, a Barga, in uno scenario che lascia col fiato sospeso, facevo colazione con l’immancabile nutella, e pensavo al pomeriggio di ieri, al Festival Leggere Gustando, organizzato da Andrea Giannasi.

Pensavo in particolare a quella piazza di Castiglione, Piazza del Municipio, che pare farsi beffe del tempo, che miscela passato e presente in un’alchimia incredibile di immagini ed emozioni.

E, soprattutto, pensavo alle due ore trascorse con la gente del posto, insieme ad Andrea Giannasi, Pino Scaccia, Grazia Lucchesi, Daniele Lazzarini a parlare dei nostri libri, a condividere i nostri pensieri.
Devo dire che è stata un’ esperienza davvero emozionante, del resto accade sempre così quando si parla di Storia, e quando la Storia vive nell’incanto delle storie.

La Storia nell’incanto delle storie

E quale cornice migliore se non la splendida Garfagnana? Terra di rara bellezza, stretta tra le Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano, ricca di boschi rigogliosi e bagnata dal Serchio. Un verde intenso e disarmante interrotto solo dai suoi Borghi, che appaiono all’improvviso con le loro Mura, le Torri merlate, e allora avverti quel senso di gioia che gli antichi viandanti di sicuro provavano al loro cospetto. Devi andarci per capire quanto è bella, e devi chiudere gli occhi quando devi lasciarla, altrimenti t’imprigiona. Qui, tantissimi personaggi famosi hanno goduto del suo fascino, due esempi per tutti: Ludovico Ariosto, che l’ha addirittura amministrata come commissario degli Estensi, dal 1552 al 1525, e Giovanni Pascoli, che vi ricostruì il suo nido, negli ultimi anni di vita.

L’incipit era Storie di guerra. Parlare di Guerra non è mai facile, si rischia di essere scontati, di cadere negli stereotipi più banali. Ma occorre parlarne, è necessario esercitare la Memoria se si vuole finalmente imparare dal Passato.  Questo anno ricorrono  due anniversari: il centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale e i settant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. – Bello, no? che ci siano un inizio e una fine?
E di Guerre abbiamo parlato.
Del Diario di guerra di un caduto sul Carso, il libro curato da Grazia Lucchesi, che ha riportato alla luce la testimonianza di un soldato, il suo bisnonno, Antonio Poli, caduto nella Grande Guerra. Lo ha fatto aprendo finalmente quella sacca, ancora macchiata del sangue sgorgato dalla ferita mortale, che conteneva il suo diario, e che per anni era rimasta in soffitta, terribile icona di morte. Ma la lettura di questo diario ci ha donato tanta realtà, semplice e vera, perché la guerra è fatta di giorni, perché la guerra sconvolge le persone. Ma la guerra non distrugge l’umanità che è in ognuno di noi. Una storia scritta in trincea, strappata ai bombardamenti, agli attacchi del nemico, da un soldato, un uomo semplice, che riesce a scrivere della guerra e a spiegarla persino a una bimba con la delicatezza di chi la guerra non la subisce mai.
Di Iena, il libro curato da Daniele Lazzarini, con una profonda e illuminante prefazione di Andrea Giannasi, che è ancora un diario, questa volta di un giovanissimo partigiano, Giuseppe Lazzarini, padre di Daniele. Giuseppe aveva scelto Iena come nome di battaglia, eppure le righe che ci ha lasciato parlano di Amore, di valori positivi. Anche questa testimonianza ci dimostra che la guerra, benché sia una nostra creatura, non riesce – e non riuscirà mai – ad annientare i sentimenti più sani, quelli che sempre e comunque permettono all’Umanità di sopravvivere alle sue nefandezze.
Abbiamo parlato di Armir, il libro scritto dal grande inviato del Tg1, Pino Scaccia. Delle sue infinite ricerche e delle sue fatiche per portare a compimento una missione: ritrovare i corpi dei nostri soldati caduti nella Campagna di Russia. Ancora tante storie, tanti intrecci, raccontati da chi li ha scoperti e ascoltati con la professionalità di un grande reporter e l’umanità che Pino a stento è riuscito a comprimere nella voce.
Ascoltandolo, abbiamo appreso che per i familiari dei militari dispersi in guerra il dubbio è peggio della morte, che per loro ricevere una notizia certa, anche se a conferma della morte, vale tantissimo, serve a dare riposo al dolore.
Un lavoro enorme e difficile, quello portato avanti da Pino Scaccia, eppure mai smesso, mai abbandonato.
In quest’impresa, l’umanità sgorga a fiumi. Pino con le sue tante storie ci narra dell’intreccio tra i popoli, i nostri soldati nascosti dai contadini russi, gli aiuti che i nostri fornivano ai meno abbienti. Non c’è guerra, non c’è ideologia né interesse, anche il più bieco e potente, che possano intruppare gli Uomini, che possano farli odiare in virtù di una bandiera o di una divisa. La Fratellanza Universale è incomprimibile come l’acqua, inafferrabile come l’aria.
Con Armir, Pino Scaccia scarnifica la Guerra, la spoglia della polpa di falsi ideali e/o ideologie. E allora ci appare soltanto il suo orrendo scheletro, ricoperto dagli interessi e dalle mire di quei pochi potenti che soddisfano le proprie bramosie sulla pelle di moltitudini di uomini.
Abbiamo parlato del mio libro, Gli occhiali di Sara, un romanzo che pure sembra una storia vera. Anche io ho voluto ricordare, soffrendo il dolore della Shoa, rievocando gli spettri del Fascismo, raccogliendo il sangue versato nella guerra fratricida. L’ho fatto attraverso una storia inventata ma reale nella portata dei fatti, sperando di far riflettere come è successo a me scrivendola.
La mia storia è ambientata a un anno dalla caduta del muro di Berlino, nell’anno zero delle ideologie, perché dopo il Fascismo e il Nazismo, anche il Comunismo mostrava le sue orrende piaghe tra le falle di quel muro appena crollato. E da lì il romanzo procede a ritroso fino all’inferno di Auschwitz, all’atroce deportazione degli ebrei del ghetto di Roma, alla guerra fratricida.

Sì, la Grande Storia è fatta di innumerevoli piccole storie, quelle di ognuno di noi, e solo raccontandole si può comprendere la realtà delle cose. Attaverso una storia, vera o non, ma che riguardi le persone, si riesce a trasmettere la portata del dramma della guerra. Si dà spessore e colore alla sofferenza. Si fa scendere la Storia dai grandi palcoscenici e la si porta nelle strade, nelle piazze, tra la gente, che è sempre e comunque l’unica vera vittima di questo evento aberrante che l’Umanità ancora non riesce a dismettere.

Ciro Pinto

 

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