Vivere? Un azzardo per lei pretendere tanto. Le sarebbe bastato soltanto qualche momento, come una passeggiata. Avrebbe voluto farla con Brian, nella stradina che iniziava dal piccolo arco attaccato al Municipio nella Piazzetta, sfiorare gli abitini di cotone appesi all’entrata delle piccole botteghe, sentire le sue mani sui fianchi, che la giravano per poterla guardare, per dirle se quel colore e il taglio del vestito le donavano. Arrossì, come se avesse gridato i suoi pensieri a squarciagola, e che ora parevano rimbombare nel silenzio di quei due anni. Un silenzio che sgorgava dai sensi di colpa, ingiusti come le pene che si era imposta. Nel suo inconscio il processo delle responsabilità aveva intrapreso percorsi contorti fino a ribaltare la genesi della colpa. Si sentiva affranta e sconsolata, aveva immaginato un’altra vita per lei quando aveva l’età della ragazza conosciuta quella mattina.

A venticinque anni aveva le idee molto chiare e progetti precisi. Come le diceva sua madre, lei non poteva andare a sbattere, perché guidava ogni sua azione con prudenza e saggezza. Ed era vero. In fondo non era mai stata giovane, concluse con rammarico.

Aveva scelto di fare l’arredatrice, lo aveva sempre voluto, non sapeva perché, ma non aveva mai avuto dubbi. Non aveva dedicato molto tempo all’amore. I tanti ragazzi che la cercavano le sembravano insignificanti, troppo instabili, goffi o immaturi. Le sue storie duravano poco, presto l’annoiavano, non si era mai innamorata. Niente pareva coinvolgerla, teneva sempre tutto sotto controllo.

Spesso suo padre la guardava preoccupato. L’aveva anche punzecchiata qualche volta, notando che era strano che non avesse ancora un fidanzato, ma lei rispondeva piccata che non ne sentiva alcun bisogno. Almeno per allora. Le aveva parlato del tempio di Delfi, di Apollo, sul frontone occidentale, splendido, fatto di luce, di armonia, e di Dionisio, sul versante orientale, inquietante, immerso nel buio, nel caos. Erano opposti, sì, ma ognuno serviva all’altro, senza l’uno l’altro diventava un fantoccio, un inutile totem, che persino il più stupido degli uomini avrebbe smontato. Aveva continuato a filosofeggiare fino a concludere che lei, tra le due statue, era Apollo, che la sua luce, la sua armonia dovevano mischiarsi al buio, calarsi ogni tanto nel caotico disordine degli istinti. Non aveva aggiunto altro. Quelle parole le erano apparse astruse, indecifrabili. Aveva un concezione chiara della sua vita e di ciò che avrebbe voluto. I suoi schemi tendevano all’ordine, alla perfezione, ogni altra dimensione le creava disagio.

E Davide, con tanti anni più di lei, le era parso subito appartenere a quella visione. E finalmente si era innamorata. Forse aveva bisogno di un uomo maturo, aveva sempre cercato qualcuno che l’affascinasse per equilibrio e saggezza. Era stata dura farlo accettare ai suoi, ma aveva sempre avuto la determinazione per ottenere quello che voleva.

Non avrebbe mai immaginato allora il futuro che l’attendeva.

[…]

Il passero e l’imperatore
di Ciro Pinto
Editore: Tra le righe libri
Collana: Nero
Anno edizione: 2017
Pagine: 230 p. , Brossura
EAN: 9788899141844