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foto(12)Nel Tempio di Susanna

Il mondo di una donna è qualcosa di enorme, di complesso che pure s’illumina sempre della luce più struggente della memoria.
Nel rapporto instaurato con l’altro sesso, la cosa che mi ha più intrigato è stata la possibilità di accedere al suo mondo, pieno zeppo di tutte le cose che lo hanno costruito nel tempo. Dove i colori sono sempre mitigati da una luce soffusa, dove i ricordi sono spesso sussurrati.
La donna porta con sé continuamente tutta la sua vita, non se ne libera mai. Difficilmente rimuove qualcosa, quasi mai la sublima; conserva ogni cosa, nella sua interezza, e addirittura nella sua originale fattezza.
La donna che esce da Lettere mai lette, di Susanna Polimanti ne è la più fulgida espressione.
L’autrice ci dona i suoi pensieri, le sue attese, le sue delusioni, i suoi sogni.
Già nelle prime pagine ci confessa: Io cerco di fare delle mie cose un tempio, ma questo mi sovrasta e mi fa sentire più sola. A prima vista sembrerebbe l’ammissione di una solitudine che la opprime e il bisogno conseguente di aprirsi, di condividere. Ma sarebbe riduttivo. È giovane l’A. in questa lettera, passa dall’escursione interiore alla voglia palpitante di vita: Sai, sta uscendo il sole e tutto cambia aspetto! Magari tra poco esco, mi vado a prendere un gelato…
In fondo, i moti dell’anima e la vita reale si fondono in una sinergia accattivante.

Susanna pesca negli anfratti più reconditi momenti felici e momenti di dolore, amori, amicizie, conflitti. E per ognuno ha un destinatario, che può aver vissuto quel momento o averle procurato quel dolore.  Un destinatario che appare virtuale, che, appunto, non ha mai letto il suo scritto, la sua lettera.
Ma poco importa, l’autrice parla innanzitutto a se stessa, in una sorta di repêchage del vissuto più intimo, quasi a constatarne le antiche percezioni e ritrovarle ancora intatte nel suo animo: Io sono qui, parlami, perché riesco a sentire i tuoi bisbigli e i tuoi sussurri, e sempre mi affido a te come allora. Queste le sue belle parole nella dolcissima lettera inviata alla sua amica del cuore, purtroppo scomparsa.

Temi universali, immarcescibili, come l’amore, nelle più svariate accezioni: per se stessa, per il padre, per il suo uomo, per il cane. Poi l’amicizia, l’abbandono, la perdita. Insomma temi di portata enorme eppure calati nell’animo e sussurrati o sofferti senza mai un grido, con la sapiente accettazione, che sempre e solo le donne sanno avere.

Uno stile lineare, nitido che s’impenna improvvisamente in note di una liricità struggente, per poi riposarsi in una riflessione saggia e razionale. Una sorta di pendolo che batte i tempi tra la ragione  e il sentimento, tra la voglia di essere e il dovere di fare. Un conflitto che alberga in ognuno di noi.

Entriamo nel Tempio dell’A. in punta di piedi, quasi con soggezione. Ma il suo rigore pian piano si stempera, ci guardiamo intorno e cogliamo tra le fattezze dei suoi affreschi delicati le nostre fattezze. Insomma finiamo col sentirci a casa.
E allora non possiamo che ringraziare Susanna di averci donato i suoi pensieri, perché ci fanno accostare a noi stessi, ci fanno guardare dentro di noi.
Perché i veri destinatari siamo tutti noi. Queste lettere sono una sorta di parto emozionale che ha portato alla luce qualcosa che molto spesso viene rinchiuso nel cassetto di qualche scrivania o di qualche comò, lasciando così i suoi destinatari in un’assoluta oscurità, queste le parole dell’autrice che aprono le sue  note in apertura.
E allora: benvenuta, luce!
Ciro Pinto

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